Cecilia Fryklöf Head of Active Ownership di Nordea Asset Management

Secondo una ricerca del World Economic Forum (WEF), più della metà del PIL mondiale (circa 44 trilioni di dollari di valore economico) dipende dalla natura e dal suo ecosistema. Lo stesso WEF stima che le transizioni economiche e finanziarie legate alla tutela del patrimonio naturale possano generare fino a 10 trilioni di dollari all’anno entro il 2023 contribuendo a creare anche quasi 400 milioni di posti di lavoro.

Il deterioramento della biodiversità rappresenta perciò un rischio sistemico e una delle maggiori sfide su scala globale del nostro tempo. Questa erosione sta avvenendo a un ritmo senza precedenti nella storia dell’umanità causando  la perdita irreversibile di specie vegetali e animali vitali, di habitat e di raccolti.

Nel corso degli ultimi anni sono state avviate diverse iniziative internazionali in risposta a questo rischio. A fine 2022 per esempio, a seguito di un processo di consultazione e negoziazione durato ben quattro anni, è stato definito il  “Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework” che si pone obiettivi e traguardi ambiziosi volti ad affrontare la crisi legata alla biodiversità. Allo stesso modo la Commissione Europea, nell’ambito del Green Deal, ha implementato una strategia a tutela della biodiversità con target al 2030.

Perché la biodiversità è importante per gli investitori 

Il deterioramento della biodiversità può comportare rischi finanziari significativi per gli investitori, in particolare quelli con un’allocazione esposta a un gran numero di settori e aree geografiche. Comprendere e quantificare questo  potenziale impatto è fondamentale per effettuare decisioni più informate mitigando i rischi e identificando nuove eventuali opportunità.

In Nordea Asset Management, la biodiversità è da molti anni una delle tematiche ESG di maggiore interesse. Ciò si riflette anche nei nostri processi di investimento che considerano i potenziali impatti negativi sulla biodiversità. Questa analisi è stata ulteriormente perfezionata a seguito dell’introduzione del regolamento relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (SFDR). Uno degli indicatori dei “Principali Impatti Negativi” identificati dalla normativa che gli investitori sono tenuti a comunicare riguarda proprio le attività che incidono negativamente sulle aree sensibili alla biodiversità.

Per svolgere questa analisi, il modello di monitoraggio sviluppato internamente identifica le aziende esposte al rischio legato alla biodiversità e che potrebbero quindi  richiedere ulteriori analisi, nonché valuta potenziali azioni collaborazione attraverso l’azionariato attivo. Sebbene questo possa comportare nel peggiore dei casi l’esclusione di una determinata società, nella maggior parte dei casi  riguarda l’avvio di un programma di engagement. Proprio l’engagement rappresenta per noi uno dei pilastri del nostro approccio alla sostenibilità volto a incoraggiare le aziende o i governi a migliorare le pratiche ambientali, sociali e di governance.

Il ruolo dell’engagement nella tutela della biodiversità

Lo scorso anno, abbiamo condotto diverse attività di  engagement con il settore dell’acquacoltura per promuovere la definizione e l’attuazione di tabelle di marcia a sostegno della tutela della biodiversità, nonché per definire su base scientifica obiettivi per mitigare il rischio climatico e ambientale. Questi target si riferiscono direttamente a quei fattori aziendali che influenzano e impattano la perdita di biodiversità, delineando contemporaneamente per l’azienda una strategia quantificabile e attuabile da poter mettere in atto. I nostri sforzi iniziali di engagement hanno finora coinvolto 11 società partecipate nel settore dell’acquacoltura.

Un altro esempio del ruolo determinante dell’engagement riguarda i nostri sforzi nel settore chimico. Nel 2022 abbiamo avviato un dialogo intenso con i produttori, distributori e consumatori di sostanze chimiche note come PFAS. I PFAS, spesso indicati come “sostanze chimiche permanenti”, non sono biodegradabili e lasciano tracce permanenti nella natura, negli animali e negli esseri umani stessi. La ricerca ha già dimostrato lo loro tossicità per l’uomo e diversi studi sono ancora in atto per chiarire le conseguenze a lungo termine per la biodiversità. Queste sostanze chimiche PFAS sono state rilevate nell’acqua, nel suolo, negli animali e nelle piante di tutto il mondo. Il nostro engagement su questa tematica ha inizialmente riguardato 18 aziende partecipate in diversi settori.

Le nostre attività di engagement non si limitano solo alle aziende quotate, ma includono anche entità governative. Un esempio è rappresentato dall’iniziativa Investor Policy Dialogue on Deforestation (IPDD) di cui siamo membri fondatori e consulenti. L’IPDD è stata istituita nel 2020 come sforzo collaborativo per avviare e coordinare un dialogo di politica pubblica per arrestare la deforestazione in paesi specifici come il Brasile e l’Indonesia. Durante il programma di engagement, tuttora in atto, il nostro gruppo di lavoro ha incontrato varie autorità governative e dei mercati finanziari per promuovere una buona governance sociale e ambientale e ridurre i rischi finanziari derivanti dalla deforestazione e dal degrado del suolo.